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Il “finto oro” dei dipinti del tardo Medioevo: i raggi X da luce di sincrotrone svelano le cause dell’inscurimento
Molti dipinti realizzati da celebri Maestri dell’arte sacra italiana del tardo Medioevo, quali ad esempio Cimabue, Giotto, Duccio di Buoninsegna, Pietro Lorenzetti, sono ben noti per la loro lucente doratura, un processo di decorazione ornamentale molto diffuso tra gli artisti dell’epoca ed impiegato per impreziosire sfondi e dettagli decorativi.
Il materiale impiegato a tal fine, così come dettagliatamente descritto dal Cennino Cennini nel suo Il Libro dell’Arte (C. Cennini, Il Libro dell'arte, Neri Pozza Editore, Milano, quinta edizione, 2009.), era nella maggior parte dei casi l'oro in foglia. L’uso di questo metallo, simbolo di regalità e devozione a Dio, era però limitato alla creazione dei dettagli più preziosi, come le aureole, a causa dei suoi costi elevati.
Per ovviare a tale problema, diversi pittori dell’epoca iniziarono a cercar strategie per simulare il color oro. Tra questi, il Cimabue, che fece uso in alcuni dei suoi dipinti, tra cui la Maestà di Santa Maria dei Servi a Bologna, di una miscela composta da polvere d’argento metallico ed orpimento, un pigmento giallo “simigliante all’oro”, così come definito dal Cennini (Il Libro dell’Arte, Capitolo XLVII). Tuttavia, le aree "finto oro" de La Maestà non sono immuni al passare del tempo come l'oro vero, mostrando oggi un visibile inscurimento che ha fatto perder loro la loro lucentezza originale.
Per comprendere le cause determinanti il viraggio di colore delle pitture “finto oro”, una squadra internazionale, guidata dall’Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche "Giulio Natta" (SCITEC) del CNR e dall’ Alma Mater Studiorum - Università di Bologna ed in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e l’Università di Anversa (Belgio), ha analizzato un paio di micro-frammenti accuratamente prelevati da campiture inscurite de La Maestà del Cimabue. E ha ottenuto una risposta.
Un articolo pubblicato lo scorso novembre sulla rivista «Journal of Analytical Atomic Spectrometry», con Letizia Monico, ricercatrice del CNR-SCITEC come primo autore, ha fatto luce sul problema, rivelando che l’inscurimento delle decorazioni “finto oro” del trono è primariamente imputabile all’umidità e che tale fenomeno può aggravarsi se la pittura viene esposta alla luce.
Per ottenere il risultato scientifico, rilevante per la messa a punto di opportune strategie di conservazione preventiva dell’opera, sono stati condotti esperimenti non distruttivi sui micro-frammenti del dipinto sia con metodi di microspettroscopia vibrazionale in laboratorio sia con tecniche impieganti sorgenti ai raggi X presso l’infrastruttura europea di sincrotrone ESRF (Grenoble, Francia) ed il sincrotrone nazionale tedesco PETRA III-DESY (Amburgo, Germania).
Lo studio del dipinto è stato integrato con indagini su provini pittorici a tempera invecchiati artificialmente, preparati utilizzando una miscela di orpimento ed argento metallico, molto simile a quella identificata nelle decorazioni “finto oro” del trono de La Maestà del Cimabue. I risultati mostrano che l’orpimento originale (chimicamente un trisolfuro d’arsenico) per reazione con l’argento metallico si trasforma in solfuro d’argento e in ossidi d’arsenico in condizioni di elevata umidità relativa percentuale e/o in presenza di luce.
Si è così giunti alla conclusione che due sono i fattori su cui agire per la conservazione a lungo termine de la Maestà: esporre il dipinto a livelli di umidità relativa percentuale non superiori a circa il 30% e mantenere l'illuminazione ai valori standard previsti per i materiali pittorici sensibili alla luce.
Lo studio sia del dipinto sia di provini pittorici di laboratorio, con tecniche d’indagine tra loro complementari e caratterizzate da elevata specificità, sensibilità e risoluzione laterale, ha permesso di comprendere l’origine ed evoluzione di complessi processi di degrado. Tale approccio potrà quindi essere sfruttato con successo per studiare opere d’arte eseguite con una tecnica analoga a quella del Cimabue e che soffrono di simili problemi di conservazione.
L’articolo si può scaricare in pdf dal sito https://pubs.rsc.org/en/content/articlehtml/2021/ja/d1ja00271f
(Letizia Monico et al., Development of a multi-method analytical approach based on the combination of synchrotron radiation X-ray micro-analytical techniques and vibrational micro-spectroscopy methods to unveil the causes and mechanism of darkening of “fake-gilded” decorations in a Cimabue painting , J. Anal. At. Spectrom., 2022, DOI: 10.1039/D1JA00271F)
La notizia è stata ripresa da vari organi di stampa tra cui l'almanacco della Scienza: "FOCUS: INFODEMIA Non è tutto oro quel che luccica"
Pills and news della rivista della Società Chimica Italiana “La Chimica e l’industria Newsletter”
Una estesa rassegna stampa è invece disponibile al download a questo link.
Strumentazione portatile per analisi non invasive di spettroscopia di fluorescenza a raggi X mentre esegue indagini non invasive in situ su la Maestà di Santa Maria dei Servi. Crediti: Giorgia Sciutto, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.